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Titolo Mezzojuso

 

I COLORI DEL CAMPO

I colori del campo

Il primo omaggio al Mastro di Campo Nicola Figlia lo realizza nel gennaio 1970: un disegno a carboncino per il manifesto della festa che si svolgerà da lì a poco. Da allora è passato tanto tempo. Nicola continuerà sporadicamente ad illustrare la sua festa. Finché nel 1980 avviene la svolta: il nostro pittore si dedica anima e corpo al Mastro di Campo. Il frutto si vede già nel 1983 con la personale alla Persiana di Palermo. Altre mostre lo vedranno coinvolto in questo soggetto. Negli ultimi anni Nicola ha disegnato, dipinto e ridipinto personaggi, volti, azioni del Mastro di Campo, quasi in surplace, sornione come lui sa essere. Due anni fa ha voluto prendere un impegno: una istallazione con le scene madri del Mastro di Campo.
Improvvisamente tutto è ridiventato freschezza, impegno, cura, ricerca di un livello il più alto possibile, rilettura dei suoi più grandi amori (i bizantini, Duccio, Piero, i cartellonisti siciliani, gli espressionisti…) tesa al raggiungimento di un equilibrio o, meglio, di un’armonia che possa esprimere il Mastro di Campo secondo Nicola.
La festa popolare, tutte le feste popolari, sono lo specchio, la metafora di una comunità. E la comunità dei mezzojusari Nicola la legge proprio nel suo grande Carnevale.
Certo, il Carnevale di Nicola non è leggero, aereo, effimero. E’ al contrario gravido, terreno, costante di un modo di essere in società. L’essere, l’apparire, il riflettere e il riflettersi si mescolano in un esito che lascia a volte un sorriso amaro: i suoi non sono infatti meri bozzetti perché hanno alle spalle una sensibilità non comune che va al di là della pur spiccata capacità di osservazione.
Ogni dipinto è completo in sé: trova in sé la propria origine e il proprio compimento; ma Nicola non rinuncia a narrare e - alla maniera medioevale e, perché no, bizantina - accosta le tele delle scene: ottiene così un percorso narrativo ben ritmato con l’accostamento anche dei notissimi visi. Sarebbero, questi ultimi, rappresentazioni del pubblico, degli spettatori. In tal modo, quello della mostra, diventa un pubblico di osservatori di altri osservatori.
L’istallazione della mostra, sviluppata in senso longitudinale, presenta un altro richiamo all’arte medioevale delle chiese affrescate. C’è infatti un senso di religiosità nel modo in cui Figlia si accosta alla realtà rappresentata, interpretata e spesso creata. E’ una religiosità non solo laica che gli deriva dal soggetto dipinto: l’uomo.
Le tele, rispetto al recente passato, risultano cromaticamente più vivaci e luminose. Ciò è richiesto dalla dimensione ludica del soggetto (siamo a Carnevale) e dalle strutture compositive. Ma da soli questi fattori non chiariscono del tutto la scelta cromatica o quella delle campiture nitide, ben definite. Parlando con lui, ho capito che alle spalle c’era la volontà di voler omaggiare, in maniera anche solenne - ma con il sale del coinvolgimento-straniamento ironico - un mondo che poi non è tanto “alla rovescia”.

  
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